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Perché i Tarocchi

Perché i Tarocchi

Partire da zero, dimenticando tutto quello che si pensa di sapere sui Tarocchi è una vera e propria impresa. 

Perché i Tarocchi sono parte integrante della nostra cultura da secoli, e il loro pellegrinaggio, da corte a corte e da uomo a uomo, rappresenta una miniatura del viaggio dell’intera umanità, con i suoi cambi di rotta permanenti e le sue mode passeggere. 

Nell’immaginario collettivo, le loro illustrazioni sono talmente legate all’ampiezza e alla profondità della produzione artistica Occidentale, dal sonetto al cinema, dal ‘700 al Contemporaneo, da rendere estremamente laborioso il processo di scrematura, necessario a spogliare i Tarocchi delle deviazioni del tempo, per riportarli alla loro causa-effetto d’origine.

Dal principio a oggi, i Tarocchi sono stati oggetto (e talvolta soggetto) di innumerevoli manipolazioni, strumentalizzazioni e adattamenti semantici, per servire alle necessità specifiche dell’epoca che stavano attraversando.

Un percorso lungo come tutta la modernità, quantomeno in Europa, che ha trasformato il mazzo originale in una sorta di manufatto storico, distante dalla sua primitiva ragion d’essere e incline a un’infinità di interpretazioni parziali o distorte.

È il caso, per esempio, dell’associazione dei Tarocchi alla cartomanzia o all’occultismo di fine ‘800, periodo storico di diffusione di alcune pratiche esoteriche, di forte presa emotiva sul pubblico, e di affermazione di un modello di sviluppo economico fondato sulla grande distribuzione di beni, di informazioni e di credenze. 

Tutti elementi che hanno allontanato i Tarocchi dal loro scopo principale e dal loro significato di partenza.

Nato nel ‘400, periodo di riscoperta della centralità dell’uomo e della sua psiche nei processi cognitivi, nonché periodo di Riforma, e ideato presso le grandi e prestigiose Corti italiane frequentate da artisti di ogni genere, culla dell’Umanesimo e del Rinascimento, il mazzo di Tarocchi più emblematico, oggi conosciuto come “marsigliese”, è composto da 78 carte, suddivise nei quattro semi tradizionali (spade, coppe, denari e bastoni) e in 22 trionfi, figure allegoriche che costituiscono la base per la costruzione di un complesso metalinguaggio.

Elementi metaforici e rappresentativi che alimentano la costruzione di un vocabolario universale, utile all’indagine dell’animo umano attraverso il dialogo, prima con sé stessi e poi con gli altri.

Una ridisposizione emotiva in costante evoluzione, che si nutre del confronto tra le parti, e in cui l’esercizio della “lettura” è una ricerca del “come” e del “perché”, più che del “se” e “quando”.

I Tarocchi sono a tutti gli effetti una mappa, che mette in relazione i pensieri, i desideri e le paure dell’essere umano con le proiezioni linguistiche e le strategie di analisi e di soluzione che mette in movimento di fronte alle questioni più urgenti della sua esistenza.

Uno strumento di ricerca interiore, che attraverso esercizi metaforici e metalinguistici, porta l’individuo alla scoperta dei pattern comportamentali che regolano la sua vita e le sue relazioni, costruendone di più efficienti e virtuose.

I Tarocchi, spogliati di secoli di credenze senza alcun fondamento storico e scientifico, ritrovano il senso primigenio di interiorità, utilizzando la potenza delle immagini e del loro significante/significato per attivare nuove connessioni neurali e permettere di osservare la propria quotidianità e i propri problemi da un’angolazione nuova e critica. 

Proprio come accade anche nella moderna psicologia, ma con l’aggiunta di un elemento artistico e storico di grande forza ermetica ed evocativa, come delle illustrazioni vecchie più di 600 anni e capaci di toccare le corde più profonde dell’animo umano.

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